lunedì 17 settembre 2012

Riscatto o ricatto.

Le convenzioni Tanti nodi sono venuti al pettine con le crisi che la storia dell’umanità ha conosciuto. Oggi con una innegabile crisi, che è anche di liquidità delle finanze pubbliche, tanti comportamenti deviati e devianti delle società occidentali stanno maturando acquisendo l’inderogabilità delle questioni urgenti. Una fra tante sembra interessare il mondo del volontariato in generale e quello delle Fraternite delle Misericordie, in particolare: quella che mette in discussione lo strumento della convenzione. Un mondo che è sembrato singhiozzante sui tagli al welfare è diventato unanimemente corale e frontale sul tema delle convenzioni. Sino a pretendere ed ottenere marce indietro da parte del governo con il beneplacito delle camere. Cosa rappresentano le convenzioni nello stato italiano precrisi? Esse sono il principale e privilegiato canale di sostegno alla collaborazione tra lo stato e quel mondo del volontariato ed imprese sociali che solitamente appelliamo Terzo Settore per semplificare un soggetto pluralissimo della società civile, non facilmente domabile ad unico intento operativo o rappresentativo. La convenzione supera la competizione sul mercato affidando, per lo più direttamente, la gestione di servizi a soggetti di Terzo Settore come associazioni di volontariato e/o cooperative di tipo B, etc. Quale la ratio che è dietro questa eccezione della pubblica amministrazione? Esaminiamola soprattutto per il mondo del volontariato a cui almeno esplicitamente affermiamo di appartenere noi delle Fraternite di Misericordia. Laddove il volontariato intervenga, in carenza o assenza di risposte pubbliche o private, ad assistere istanze particolari delle fasce deboli che non risultino interessanti per il mercato, ci sembra naturale che non ci si possa affidare al mercato per la selezione di gestori che non esistono. Allora la PA sostiene, con il rimborso delle spese, chi eroga quel servizio che il volontariato si è inventato. Lo stato così ne facilita la sopravvivenza fidando nel lavoro volontario. Così nascono centinaia di servizi a cui il privato for profit non avrebbe mai pensato se non altro per la sporadicità e la esiguità della domanda. È questo il caso canonico in cui nemmeno i monetaristi di Bruxelles avrebbero da invocare la illegittimità o la non opportunità del binario privilegiato della convenzione. In questo caso , infatti, la convenzione rappresenta il sostegno a quelle attività che pongono la toppa ad un fallimento del mercato. Ma cosa succede se quel servizio, ad esempio, si espande territorialmente generando una numerosità ed un bisogno di efficienza sociale irrinunciabile e, soprattutto, facendolo diventare tanto importante da interessare le aziende private o la diretta erogazione da parte dello stato? Succede che la convenzione con affidamento diretto negherebbe a quel servizio i miglioramenti che possono derivare dalla concorrenza. È quello il momento in cui la convenzione deve cedere il passo alla gara di appalto soprattutto se il “for profit” riesce a produrre il servizio a costi di impresa e a costi sociali inferiori di quelli di una organizzazione di volontariato! Come si fa a verificare questa economicità più favorevole alla Pubblica Amministrazione e/o agli utenti dello stesso servizio? Mettendoli in concorrenza! Invitando entrambi alla gara di appalto. Insorgeranno i puristi del diritto: come si fa a mettere a confronto chi paga uno dei principali fattori produttivi come il lavoro delle donne e degli uomini impegnati e chi per definizione non lo può e non lo deve pagare come le organizzazioni di volontariato!!! Nulla di strano. Spesso la pubblica amministrazione mette a confronto fornitori che ottimizzano e pagano in maniera diversa i fattori produttivi. Anzi quasi sempre. Perché, dunque, a pelle ci scandalizziamo se quel fattore è il lavoro? Ovvio, ci sembra scandaloso che chi offre il suo volontariato gratuito, vada a scalfire la potenzialità occupazionale di un territorio. Ma il contraltare è fatto da chi, sempre per definizione, presuppone di dover lucrare sulle condizioni di debolezza delle fasce solitamente utenti dei prodotti del volontariato. Nulla di scandaloso se le cose si ottimizzino determinando il miglior mix di fattori in una gara tra i vari tipi di organizzazione che intendono presentarsi. Allora per quale motivo il volontariato grida allo scandalo quando si profila che lo strumento della convenzione venga negato, ad esempio, per un prodotto tipico come il soccorso in emergenza? Ebbene dobbiamo essere onesti con noi stessi: si sono verificate, per questo tipo di prodotto, speculazioni che hanno deviato dal giusto alveo tanto da affidare a volontari con convenzioni servizi che tranquillamente altre tipologie di organizzazioni saprebbero dare con maggiore efficienza economica e minimizzando i costi sociali correlati. A questo punto mi fermerei con questo ragionamento, per riprenderlo eventualmente più avanti, e porrei un’altra questione: ma il volontariato cosa dovrebbe fare e cosa non deve assolutamente fare? Il volontariato Basta guardarne le origini. Noi delle Misericordie siamo privilegiati avendo circa otto secoli di vantaggio sulla 266/91 che ha codificato il sistema volontaristico nel nostro paese. Noi sappiamo ragionare del volontariato a prescindere, partendo non tanto da letture noiose di dettati normativi, ma dal vissuto e dal tramandato che hanno, forse, generato il dettato normativo. Quando la dignità di una persona non è tutelata da alcun soggetto pubblico o privato, chiunque se ne faccia carico è benemerito. Se, poi, i soggetti che se ne sono fatti carico, si organizzano per fare fronte ad un numero di casi superiori a quelli che potrebbero risolvere lavorando individualmente, abbiamo operato il miracolo dei pani e dei pesci e benemerita sarà l’organizzazione. Collegare i servizi alla persona con la dignità dell’uomo è facile, ovvio, naturale, normalmente comune. Al contrario produrre acciaio non avrà mai bisogno della pionieristica offerta del volontariato. Certo anche tutelare un bene culturale o ambientale potrà essere compito del volontariato ma sempre nella logica più ampia di colmare il vuoto nel tutelare un patrimonio fondamentale per l’umanità e per il sistema vitale di cui fa parte. Recentemente dalle mie parti abbiamo scoperto come anche produrre mozzarelle può assumere toni tali da interessare il terzo settore per riscattare lavoratrici e lavoratori da pratiche di illegalità che, ovviamente, ne metterebbero in discussione sempre la dignità. Cosa assolutamente il volontariato non dovrebbe fare? Se nasce per non far lucrare gli uomini sulle disavventure degli uomini, esso mai deve consentire che il volontario svolga questa ignobile funzione. Il principio fondante è assoluto, profondo, indelebile, non modificabile: GRATUITA’. Quando il volontariato nega questo principio acconsentendo a pratiche che deroghino alla gratuità, vanifica la sua ragion d’essere e prima o poi ne paga irreversibilmente le conseguenze perdendo di credibilità e di capacità di conversione rispetto alla società fondata sul profitto per il profitto. Bisogna sicuramente stabilire il confine tra il rimborso delle spese e la remunerazione di una persona. Bisogna affinare gli strumenti di demarcazione tra l’essere lavoratore e vivere gli impegni ed il servizio da volontario, tra l’essere lavoratore onesto e lavoratore in nero. Sono queste le funzioni storiche del volontariato soprattutto nelle terre dove il lavoro scarseggia. Bisogna assicurare che chi governa il volontariato sia volontario in maniera totale e non detenga benefit irragionevoli con il suo status. Bisogna che le organizzazioni di volontariato, di qualunque estrazione e di qualunque livello, abbiano dimensioni consone ai territori che servono. E se cresce? Il resto è incubazione di impresa, di impresa sana, di impresa etica, di patto leale tra associazione e società civile che non debordi da alvei razionali del pionierismo del volontariato mantenendo funzioni proprie come la vigilanza, la denuncia, l’attivazione della cittadinanza, la rappresentanza dell’utenza debole, il calmieramento dei mercati dell’assistenza sociale, della sanità, delle garanzie culturali ed ambientali. E le istituzioni pubbliche? Lo Stato È il soggetto regolatore di questo processo fondamentale dello sviluppo e soprattutto della sostenibilità dello sviluppo, della sua coerenza con i principi moderni di organizzazione statuale. Uno stato gestore è agli antipodi dello stato che garantisce dignità costituzionale ai corpi intermedi. Lo stato li promuove, li sostiene se stanno nella logica dello sviluppo armonico della società. Lo stato deprime ed osteggia la crescita deviata di improprie evoluzioni che propugnano la crescita all’infinito del pioniere oltre la sua funzione, ne riconosce i meriti ma non consente che i meriti distorcano le funzioni. Detto meglio e fuori da metafora: il cittadino attivo dopo la fase di attivazione diventa cittadino modello ma cittadino e basta, non il cuscinetto di ammortizzazione delle inefficienze dello stato abusando di questo ruolo. Questa è patologia. Lo stato regola il processo determinando la cifra oltre il quale il volontariato deve produrre impresa e renderla autonoma. Lo stato non abusa del volontariato che abusa dei suoi meriti! Lo stato che pretenda questo è uno stato che scarnifica l’azione volontaria della sua principale caratteristica e ne determina una mutazione genetica irreversibile vanificando le migliori energie della società che rappresenta. Questo è volontariato di stato! L’incontro tra stato e volontariato. Potrebbe essere la convenzione? Sarebbe la massima volgarizzazione dell’incontro. Anche se dobbiamo ammettere che lo è stato nella stragrande maggioranza dei casi dal 1991 ad oggi. E tuttora resta in questi termini. Appena lo stato ha detto che la convenzione poteva essere messa in discussione finalmente il volontariato ha reagito, ha rivendicato, ha protestato. Non lo aveva fatto con la stessa forza quando lo stato aveva tolto risorse alle fasce deboli, quando la politica monetaria ha privilegiato le banche ai poveri, quando la crisi stava minando la coesione e la stabilità sociale nel mediterraneo. Pericolo ancora in corso ma da cui stiamo opportunisticamente distratti. Non lo fa di fronte alle migrazioni bibliche. Anzi alla generazione economicistica di guerre da terzo millennio si offre supplenza a basso costo senza preoccuparsi anche di quelle che sono le sue principali funzioni e di cui abbiamo detto. Un antico educatore sosteneva che “non è mai troppo tardi”. Se la battaglia sulle convenzioni tenesse queste motivazioni, il vecchio maestro avrebbe ragione ed offrirebbe una grande opportunità di riscatto alla forza potenziale del funzionariato del volontariato che chiede solo di entrare in parlamento per adeguarsi ad esso non per fargli fare un percorso di miglioramento. Il volontariato che si dichiara soddisfatto del mantenimento dello strumento convenzionale e dell’approvazione di qualche provvidenziale emendamento, si accontenta di una scaramuccia vinta nei confronti di una guerra totale che si sta vivendo in sua assenza. È un volontariato che rinuncia ad essere lievito e fermento per diventare olio lubrificante di microprocessi striscianti. È un volontariato che guarda alla rivoluzione del futuro con i paraocchi del passato. È un volontariato che non cerca riscatto per cedere al ricatto!

domenica 24 giugno 2012

Ricomincio da tre.

Alla fine devo registrare una sconfitta netta in cui, penso,abbia prevalso quella ragion di stato che secondo me non sarebbe dovuta prevalere sulle motivazioni e sugli interessi superiori delle singole associate abbandonate al loro destino nella recente esperienza confederale. Escono di scena gli esponenti di una generazione e il consiglio nazionale è profondamente rinnovato. Un augurio sincero a tutti i nuovi rappresentanti, sorelle e fratelli di antica frequentazione o giovani che siano. Che la loro esperienza sia meno traumatica di quella che è toccata a me e che possano contribuire a risollevare le sorti della confederazione anche se per una strada diversa da quella che avevo indicata io ed in cui credo ancora fermamente. Un augurio ed un bentornato a quanti hanno seduto nel consesso e che oggi vi tornano a far parte. Vive felicitazioni al confratello Roberto Trucchi a cui viene rinnovata la fiducia della massima responsabilità della gestione ed a cui mi ero contrapposto. Tra me e lui ci sono modi diversi di concepire il futuro delle Misericordie ed, in alcuni tratti, questi sono inconciliabili ed alternativi. Ma la sua concezione vale il 60 % dei consensi e la mia il 40%. Registro il dato, ne prendo atto e lo rispetto da fratello di Misericordia e da Governatore di questa Confederazione. A quanti hanno condiviso la mia parte, ne hanno sostenuto le ragioni o hanno addirittura fatto, per questo, confluire il voto sulla mia persona, so che non basta il grazie più sincero per la stima e l’adesione ed, allora, aggiungo la doverosa disponibilità a continuare a sostenere le nostre ragioni senza soluzione di continuità e con maggiorato impegno. Certamente so di aver cantato qualcosa che può sembrare l’ultimo sospiro di un cigno, ma so anche che mi accreditate la testardaggine e la caparbietà tali da ritrovare le energie, come un mio famoso conterraneo, per ricominciare da tre.

domenica 10 giugno 2012

Il Programma: AVANTI MA FERMI!

UN PROGRAMMA ALLA BASE DEL CONFRONTO Dalle segnalazioni delle Misericordie è scaturita la mia candidatura alla presidenza della Confederazione che ha alla base l’obiettivo di svelenirne il clima da personalismi e prese di posizione che fanno male alla programmazione ed al confronto. In questa logica è il tentativo di spostare il dibattito verso le cose da fare per far intravvedere il progetto che si ha per le Misericordie e per la Confederazione. In ogni punto del Movimento si avverte la necessità di rasserenare l’ambiente e far rinascere una stagione di collaborazione e di unità. ETICA PRIMO PASSO VERSO LA MORALE L’etica dei rapporti a me sembra fondamentale come indicazione di normalità da ristabilire; ogni volontario di questa Confederazione deve essere certo della lealtà dei rapporti tra di noi. Questo per ristabilire coesione interna ma soprattutto per recuperare credibilità nella società. Nella società contemporanea, che più volte ostenta un tessuto sdrucito e logoro in materia di etica, noi dobbiamo avere le carte in regola per poter svolgere l’azione moralizzatrice che ci tocca per convinzione e per missione. Solo su queste basi etiche, che non devono dare spazi o a comportamenti scorretti, a bugie e furberie, bensì creare le condizioni esclusivamente per correttezze formali e sostanziali, si può costruire per raggiungere i livelli di appartenenza alla Chiesa ed alle sue azioni di Carità. Questi sono i tempi in cui si esalta il ruolo del volontariato vero, il ruolo di un volontariato ispirato e motivato da ragioni profonde ma è anche il momento in cui crollano miseramente i volontariati d’occasione e di opportunismo. Il volontariato vero ha il coraggio di aggiornarsi nelle forme di applicazione del proprio sforzo di servizio. Non resta ancorato sui servizi di sempre ma intuisce l’espansione di quelli senza abbandonarli ma rinnovandoli. IMPEGNO SOCIO SANITARIO Ad esempio noi non possiamo abbandonare il concetto di ambulanza ma dobbiamo allargarlo. Essa è il trasporto ad un luogo sicuro dell’ammalato. Essa è il concetto di supporto avanzato alla salute di chi diventa il più debole della società perché attaccato nella sua stessa fisicità. L’ambulanza riassume tutto quello che si può sintetizzare della Parabola del Samaritano ed allora oggi è anche l’ampliamento di un nuovo quanto antico modello toscano fatto di una rete che può consentire di superare il servizio sanitario nazionale che in alcuni tratti d’Italia comincia a d essere un lusso perché ha un contenuto di debito pubblico che si somma ai costi di normale produzione. Ad un’emergente Sanità low cost dobbiamo contrapporre la nostra sanità sociale, ambulatoriale e domiciliare di basso costo ma di qualità fatta di umanizzazione dei rapporti soccorritore paziente. LA PROTEZIONE CIVILE Ad esempio ancora di fronte allo scempio dell’ennesimo terremoto devastante o dell’irrefrenabile dissesto idrogeologico noi non possiamo ergere solo con forza e caparbietà la nostra gloriosa Protezione Civile senza pensare anche a quella che da anni vado chiamando la Prevenzione Civile che sappia utilizzare le enormi e giovani risorse umane del nostro volontariato anche in tempo di pace per superare e rendere inutile l’allertamento in emergenza . Dobbiamo insomma ricominciare a parlare di ruolo attivo del nostro volontariato per incidere sulle soluzioni che questa società non vede o trascura nei temi tipici delle politiche sociali. L’ACCOGLIENZA E L’IMMIGRAZIONE Non hanno senso gli interventi nelle strutture CIE e congeneri se questi non sono lo spunto per assumere una nostra visione dell’accoglienza generale e generalizzata su tutto il territorio nazionale a prescindere dai luoghi convenzionati per legge che ci devono vedere protagonisti fuori di essi in materia. Protagonisti di una nuova forma mentale di punta che si possa proporre come linea guida alla nazione. Bisogna intercettare i poveri e quindi ricercare i fondi per soddisfare i loro bisogni non il viceversa. CONTRASTO ALLA CRESCENTE POVERTA’ Anzi in questi momenti di profonda crisi economica i fondi ritrovati e raccolti vanno messi a disposizione dei bisogni sempre più stringenti e soffocanti le economie familiari. E Confederazione non può non portare a modello nazionale le prime ed uniche esperienze di attivazione di Prevenzione dell’Usura che nascono proprio dal nostro mondo del volontariato delle Misericordie (a partire dalla prototipale esperienza di Siena a quelle importantissime di Firenze, di Empoli, dell’Aretino etc.). In tal senso i rapporti con il mondo della finanza vanno rivitalizzati e rinforzati con modelli strategici rinnovati. Per tali rapporti bisognerà, infatti, ridimensionare nettamente ogni intermediazione e privilegiare i canali interni e diretti che si sono costruiti in questi anni assicurando professionalità ed eticità. I GIOVANI ED IL VOLONTARIATO NELLE MISERICORDIE Non possiamo non tener conto, a questo punto, dell’accumulo di massima fragilità che si sta verificando nelle fasce giovanili. Bisognerà reinterpretare il Servizio civile con forza e slancio ideale (che deve ricordare il nostro impegno rispetto ai primi obiettori di coscienza) rinnovando e salvaguardando l’attenzione dei giovani verso il nostro movimento anche ricercando sponsorizzazioni dei loro progetti. Ai giovani e per i giovani dobbiamo allestire una Confederazione che sappia affascinarli, che sappia sfidarli, che consenta loro di essere convinti protagonisti del loro futuro superando e accantonando le sirene ammaliatrici di un relativismo storico dilagante. A loro bisogna garantire ad esempio Formazione morale civica e tecnica oltre la sincera promozione della certificazione delle esperienze fatte insieme a noi per poterli proporre alla società come le migliori promesse dello sviluppo. SUPERARE IL RECENTE PASSATO Certo sono questi i dibattiti a cui vorremmo elevare la struttura confederale coscienti che il movimento ci sta già su questi argomenti. Antistoricamente la responsabile dello stato di basso profilo in cui siamo caduti è una certa dirigenza che ha neghittosamente nicchiato su queste sfide proponendo stili di conduzione di bassa qualità per poter dominare. Noi ci poniamo dialetticamente contro coloro che tendono a strangolare il dibattito piuttosto che suscitarlo. Ma soprattutto non possiamo condividere le loro idee di inviluppo ed implosione della Confederazione che resta simbolo e concreta attuazione dello spirito sinergico che deve esserci tra le nostre confraternite per poter essere movimento nazionale italiano ed europeo. Noi speriamo di poter capovolgere lo statu quo che vuole l’ultima amministrazione come quella che ha avuto il numero maggiore di conflitti con le associate fino a determinare l’allontanamento di storiche confraternite come di piccole e periferiche non gradite. Per poter portare avanti i discorsi programmatici sin qui fatti, insomma, bisogna restare fermi nei principi ed uniti con pari dignità nell’azione innovativa.

domenica 29 aprile 2012

Eccomi!

Dalle segnalazioni inviate dalle Misericordie d’Italia viene la immeritata proposta della mia persona alla candidatura di Presidente della Confederazione.
È innegabile che io ne sia contento quanto preoccupato per la responsabilità che già la stessa e sola candidatura ha in questo momento della secolare storia delle Misericordie.
Contento perché è anche un riconoscimento a tutto quello che con tanti confratelli e consorelle si è costruito durante questi anni in terre dove è stato esportato il modello toscano.
Preoccupato dal fatto che essa potrebbe diventare l’ennesimo spunto di divisione nel momento che le Misericordie ne annoverano già tanti e ne risultano dilaniate anche pubblicamente.
Questa candidatura mi era stata fatta intravvedere da alcuni confratelli con cui avevo condiviso più di una decina di anni nel Consiglio Nazionale. Ma più si avvicinava il momento della scelta più ne avvertivo, con lucida consapevolezza, la delicatezza ma anche l’ineluttabilità.
Oggi, prima della formale accettazione presso gli uffici, voglio condividere con il popolo dei volontari dalle colonne di questo blog la mia decisione di accettare la candidatura. Voglio farlo con tutti voi che, più di ogni altro livello di governo del movimento, mi avete insegnato la preziosità dell’unità e della compattezza della nostra azione. Lo faccio sperando di poter interpretare proprio la vostra ansia di rivedere il nostro volontariato libero dai vincoli e dai compromessi di palazzo ma bensì proiettato nel confronto quotidiano con le indigenze che il momento storico sta facendo vivere ai più deboli della nostra società.
Ho fugato, insomma, quella componente di preoccupazione decidendo di essere solo il candidato che tenta di ricucire il tessuto, di essere esclusivamente colui che chiede l’appoggio dei governatori della nostra assemblea se questi sono animati dalla stessa ansia di ricucire gli strappi e non di rivendicare a maggioranze tracotanti e minoranze pretestuose il diritto di  offendere la Storia e negare il Vissuto delle Opere che sono il nostro vero ed unico valore.
Ritengo sia opportuno, avendone, più volte, rivendicata la necessità soprattutto nei quasi cinque anni dell’ultimo mandato consiliare, che chi si propone venga avanti con dei punti programmatici precisi che consentano ai governatori di scegliere tra idee concrete e non tra persone.
Le persone dovranno essere solo ritenute capaci, in base alle scelte del passato, di portare avanti quello che si propongono.
Avremmo evitato tanti equivoci se i presidenti avessero preventivamente segnato con chiarezza la linea lungo la quale avrebbero voluto condurre la Confederazione.
Annuncio per le prossime settimane la volontà di elencare i punti cardini di un programma per il futuro sperando che anche Roberto Trucchi, che saluto fraternamente nella sua veste di uscente e candidato alternativo, voglia condividere con me questo elemento di chiarezza delle posizioni.
Ora mi limito a raccogliere una eredità che mi fa particolarmente felice e faccio mio l’ossimoro lapiriano che aveva fatto da motto nella precedente competizione al confratello Angelo Passaleva, a cui mi onoro di essere collegato per gli insegnamenti ricevuti e per l’unità di intenti: Avanti ma fermi!
“Fermi” nella fedeltà a Cristo e alla Chiesa, ai valori del dialogo, della pace, dell’incontro tra i popoli. “Avanti” con il coraggio di rimettersi sempre in discussione, di verificare il lavoro fatto, di aprirsi anche ai “segni dei tempi”.

mercoledì 4 aprile 2012

non si può ricusare la verità!

Carissimi governatori,
mi appello a voi che rappresentate le migliaia di volontari delle Misericordie che tutti i giorni si impegnano nelle opere che mettiamo in campo nella nostra nazione.

Arrivare alla ricusazione di un confratello che è stato ritenuto dalla maggioranza dell’assemblea un proboviro (uomo saggio!!), è cosa grave. Arrivare a ricusare il giudice che nelle precedenti elezioni si è promosso e votato, solo perché ha preso delle posizioni non condivise, è di suo un’ammissione di colpa verso il movimento. Se poi lo si ricusa quando deve prendere una decisione vitale per i meccanismi elettorali del movimento, in questo momento di particolare fibrillazione, vuol dire che si è votati alla legge disperata del “tanto peggio, tanto meglio”, incoscienti, inconsapevoli o , peggio, predeterminati sul fatto che la gravità può indurre a prendere una strada senza ritorno.

Patrimonio inestimabile è la tradizione delle Misericordie soprattutto nell’Italia del 2012. Non partire da questa considerazione è porsi fuori dal Movimento stesso anche se si occupano i posti di vertice.

Qui le regole vanno rispettate anche quando sono fastidiose: solo così potremo ricordarlo a chi impunemente le calpesta tutti i giorni in Italia.

Al confratello Trucchi, che rispetto come Presidente, anche senza averlo mai votato in quel ruolo nemmeno indirettamente, chiedo di convocare il consiglio d’urgenza invece di mandare memorie ai probiviri per evitare i giudizi e cavalcare tigri che non gli sono proprie.

Ai fratelli consiglieri che oggi tentano questa carta della ricusazione dei probiviri, li invito a ragionare con me e gli altri consiglieri sulla regolarità di quella delibera che ha indotto la commissione elettorale in errore ed a rinviare la presentazione delle segnalazioni.

Non devono ridacchiare furbescamente per il cavillo escogitato, ma essendo tutti con me in consiglio quel giorno mi devono dire, guardandomi negli occhi, se, come e quando abbiamo deciso quelle cose, piuttosto che ricusare un giudice per non fare giudicare e tentare le ultime carte per rinviare sino all’autunno la verifica del rinnovo degli organi.

Infine agli stessi firmatari della ricusazione, che per la maggior parte appoggiarono in pieno l’elezione dei probiviri eletti ricordo che due sono i casi:

1. fecero bene allora a votarli;

2. sbagliarono clamorosamente su tutto il Collegio.

Nel primo caso devono fidarsi del loro operato e farli procedere, nel secondo caso, visto tutto quello che hanno combinato, sarebbe opportuno che ricusassero loro stessi!

Altrimenti spero che ci pensino quei governatori a cui mi sono appellato sopra.

Giuseppe De Stefano

sabato 31 marzo 2012

Oggi più che mai AUGURI di PACE E SERENITA' 

a tutte le MISERICORDIE

mercoledì 15 febbraio 2012

dopo la neve della Provvidenza.

I paesaggi innevati sanno sempre di quel profondo silenzio che la neve impone alle cose di questo mondo. Anche i pochi rumori che sopravvivono hanno diritto ad essere ovattati ed ammortizzati.
Capita sempre.
Anche all’assemblea andata a vuoto. Sembra quasi che nessuno avesse voglia di farla questa assemblea, che poteva servire ad approvare uno statuto e l’assetto che proponeva. Né chi lo sosteneva né, ovviamente, chi lo osteggiava.
Parte nel frattempo, finalmente, la macchina elettorale per giugno prossimo.
Non si ha voglia di discutere ma di votare, si!
Nei dibattiti di corridoio ancora si da importanza massima ai meccanismi elettorali . Come si voterà? con il vecchio metodo o faremo in tempo ad inventarcene uno nuovo? Nessuno che si preoccupi di non ripetere gli stessi errori dell’ultima elezione, dove si votò, senza chiarirsi per cosa si votava, ma solo chi si votava, a prescindere dalle idee che avesse in testa.
Così si finì per votare chi la voleva cotta insieme a chi la voleva cruda, e quando si trovarono in  cucina litigarono, come sappiamo, e la frittata cadde a terra e gli chef impazziti la calpestarono . Arbitrarono a più non posso e aggregarono, nelle diatribe prima non discusse, anche i saggi probiviri, eletti sempre con gli stessi voti e le stesse alleanze scellerate.
Spero che stavolta si abbia forza a sufficienza per richiedere a chi si candida di dichiarare cosa intende fare quando sarà eletto.
Non assemblee ma luoghi di confronto e di dibattito.
E se si dovesse arrivare alla votazione di giugno sempre allo stesso modo? In quell’ordine apparentemente sparso in cui si colonizzano i territori e si decide altrove chi debba rappresentarli? Cosa potremo fare?
Trattandosi di giugno, sarà difficile sperare in un ulteriore azione della Provvidenza con nevicate inibitorie.
Allora diamoci da fare, al centro ed in  periferia, a parlare delle cose che interessano le Misericordie, i governatori ed i volontari.
All’ordine del giorno delle discussioni non ci dovrà essere solo il riassetto organizzativo della Confederazione, ma anche le politiche sociali di questa nazione e delle singole regioni, i servizi sanitari regionali con le loro falle ed i loro deficit strutturali, il ruolo del volontariato nella crisi economica e difronte al dilagare della povertà, la protezione civile e le sfide del dissesto idrogeologico, delle emergenze climatiche, della prevenzione, del ruolo dei nostri volontari e della loro professionalizzazione.
Del finanziamento. E qui tutti a pensare al finanziamento di Confederazione.
E no! Errore! dobbiamo pensare al finanziamento delle Misericordie: quello di Confederazione ne consegue. Non il viceversa! Che ne sappiamo di come fanno a finanziarsi i governatori di quelle Misericordie  di provincia che tra mille difficoltà assicurano il telefono alla sede? Come li stiamo aiutando. Poi parleremo di come possiamo, se necessario, parlare della struttura confederale!
Allora il dibattito potrebbe riscaldarsi e sciogliere le nevi che coprono i rossori della vergogna.

mercoledì 1 febbraio 2012

L’UNICO MODO DI ANDARE AVANTI È ANDARE AVANTI!

Entrare nel merito: è una vecchia locuzione burocratico – giuridichese, una tentazione di goduria bizantina, un sadico rivoltare di coltello in una ferita purulenta.
Sarei tentato di entrare nel merito dell’ennesima controversa  e polemica diatriba confederale.
Sembrava un idillio l’ultimo consiglio nazionale. Ero tornato rinfrancato dalla meraviglia di aver svolto finalmente un consiglio dove era affiorato ripetutamente il buon senso.
Non avevo cantato l’inno alla gioia perché sinceramente mi sembrava troppo e troppo di punto in  bianco. Avvertivo che, nonostante l’esperienza di un certo ambiente, non capivo tutto e credevo perché mi faceva piacere credere, troppo piacere che rifilasse liscio e si ragionasse con pacatezza finalmente, ma un demone dentro ridacchiava inquieto e mi suggeriva di stare a guardare se tutto fosse così vero.
Ed ecco, nel pieno di un inverno che affligge il nostro paese, un fulmine a cielo tempestoso!
C’è sempre un ricorso che cova sotto la cenere e un collegio che sentenzia.
L’assemblea è vanificata.

Dovremmo leggere 3 pagine di ricorso e 3 pagine di sentenza per poter entrare nel merito.
Se lo ritenete un utile esercizio tutto è pubblicato sui siti. Ma io vorrei non dover entrare nel merito. Perché adesso sarebbe un sadico rivoltare di coltello nella ferita purulenta che tutti conosciamo! No, fratelli, non cadiamo nel tranello che le parti ci propongono. A noi non deve importare chi può avere ragione.
Un Grande Vescovo della mia gioventù, a cui devo l’iniziazione verso la strada del volontariato, una volta mi disse: “Quando la Fede si riduce a norma, a legge, a cavillo giuridico non è più Fede!”
Dall’analisi della storia confederale degli ultimi anni emerge chiara una sola volontà delle parti che continuano a scontrarsi portarci a dividere e a distruggere la confederazione nazionale delle Misericordie. Non credo più a chi dice di volerla salvare nell’uno o nell’altro modo. Chi la vuole salvare non ricorre a mezzucci di questi tipi. Chi la vuole salvare lavora per salvarla.

Avevamo un appuntamento  a Firenze per l’11 febbraio. E allora andiamo all’appuntamento. Se potrà essere un’assemblea meglio. Se non lo potrà essere ci saremo incontrati. Ma è importante andare; ancora più importante di prima che tentassero di declassarci l’incontro.
Potremo decidere comunque per noi stessi. Chi ci sarà, potrà comunque tentare di Rifondare la Confederazione. Forse daccapo se sarà necessario. Se sarà l’unico modo che ci lasceranno.
Che possa essere un Assemblea o meno mi interessa poco. Se ci incontriamo e imponiamo di ragionare avremo lavorato per salvare la confederazione.
E se arbitrati, collegi, preconcetti, scontri di potere, personalismi e cose che non ci appartengono ci vietassero di andare avanti noi seguiremo il monito di un vecchio mito come JF Kennedy che sosteneva che “l’unico modo di andare avanti è andare avanti!”
Per poter fare questo, l’11 prossimo c’è bisogno che ci si muova e si faccia il sacrificio di incontrarsi. Questo nessuno ce lo può vietare.

venerdì 13 gennaio 2012

Rifondiamo la confederazione delle Misericordie!

1.Con quale spirito andiamo al consiglio nazionale del 21 ed all'assemblea di febbraio?

L'assetto confederale è ridotto sul lastrico. Recentemente il tesoriere ha inviato ai consiglieri nazionali ed ai coordinatori una circolare dove praticamente annuncia di non avere risorse oltre quelle strettamente necessarie ad onorare le spesi correnti.

Assistiamo impotenti ad uno stillicidio di accuse ed offese tra le parti che qualche anno fa si trovavano insieme a sostenere Gabriele Brunini a presidente (in questi giorni rinnovato in nostra rappresentanza al CNEL: auguri sinceri e complimenti) che monopolizza il dibattito e mortifica le argomentazioni sul futuro, sul prossimo statuto, sullo stare insieme che sino a qualche anno fa, pur tra mille difficoltà ci aveva visti protagonisti dell'organizzazione del volontariato italiano.

In Toscana nemmeno i moniti del soglio episcopale ci aiutano a recedere dalle lotte intestine. Nel resto d'Italia sgomenti i governatori non hanno più riferimenti, si guardano intorno tentando di tenere accese le fiammelle di forti motivazioni che avrebbero bisogno comunque di essere alimentate da attività comprensoriali e nazionali.

Sopravvivono con blasoni vuoti di significato presidenti, vice presidenti e consiglieri nazionali abbondantemente scaduti (in questo concordo pienamente con chi fa notare i giorni da cui gli organi confederali sono scaduti) nella sola logica giustificazione che il tempo che passa deve essere speso per rinnovare uno statuto obsoleto e non confacente ai tempi ed al contesto istituzionale che ci circonda.

I consiglieri litigano, i probiviri (anch'essi scaduti!) sentenziano, la macchina sta ferma, il movimento scivola all'indietro su un piano inclinato che da spazio alle iniziative LODEVOLISSIME di organizzazioni locali che cercano (vedi coordinamento di Pisa recentemente) di mettere le toppe allo sfrangiarsi di un ordito, a suo tempo, prezioso.

 2. Con quale spirito mi sto avviando al consiglio di sabato 21 ed all’assemblea di febbraio?

So di essere additato come capocorrente, come capobastone ma so anche che è solo una lusinga di chi non la pensa come me circa il volontariato delle Misericordie e tenta di accomunarmi in un destino di strumentalizzazione dei volontari e dei governatori che non mi è proprio.

Una caratteristica ho tentato di mantenere nella mia esperienza di volontariato e nella mia vita: garantirmi le condizioni per poter dire sempre quello che penso: che il mio pensiero, poi, possa aggregare condivisioni lo concedo, che io possa imporre il mio pensiero ad altri lo detesto.

Andrò a Firenze per il consiglio e, se Dio vuole,  vi tornerò a febbraio per l'assemblea. Raccolgo le ultime speranze e vado. Vado per approvare lo Statuto licenziato democraticamente dalla seconda commissione Giovannelli, se ci si riesce. Il lavoro è ottimo, ma già il consiglio ultimo scorso ha stravolto alcune cose fondamentali. Lo stravolgimento già è in atto e non si fermerà.

Nonostante tutto però sarà importante provarci, per dimostrare che non ci rassegniamo alla stagnazione per assurde lotte di potere.

Si approvi o non si approvi non mi interessa vado e do appuntamento alle intelligenze che ci sono nel Movimento per ragionare insieme come uscire dal pantano. Il risultato della votazione serve a chi va per vincere o, peggio, a chi va per non far vincere gli altri. Io non vado né per quello né per il resto.

3. Sorelle e Fratelli, siamo a meno di un mese dall’Assemblea più importante degli ultimi dieci anni. Non so come andrà. Io ci vado per incontrare le donne e gli uomini di Buona Volontà. Per parlare, per abbracciarci e decidere al di là delle maggioranze costituite e delle opposizioni preconcette, al di là delle norme e delle astute interpretazioni. Dobbiamo decidere come continuare ad incontrarci con serenità di spirito, con il sorriso e la gioia del confronto.

Non arrivate con etichette che non siano Quelle proprie della nostra divisa. Non siate né di Corsinovi né di Cavaciocchi. Assolutamente vi scongiuro, non ditevi di De Stefano.

Meglio ancora, non venite per scegliere questo articolo o quel comma. Cerchiamo insieme di alzare la voce per non far sentire chi grida e RIFONDIAMO LA CONFEDERAZIONE DELLE MISERICORDIE in ogni luogo d’Italia!