Dalle segnalazioni inviate dalle
Misericordie d’Italia viene la immeritata proposta della mia persona alla
candidatura di Presidente della Confederazione.
È innegabile che io ne sia contento
quanto preoccupato per la responsabilità che già la stessa e sola candidatura
ha in questo momento della secolare storia delle Misericordie.
Contento perché è anche un
riconoscimento a tutto quello che con tanti confratelli e consorelle si è
costruito durante questi anni in terre dove è stato esportato il modello
toscano.
Preoccupato dal fatto che essa
potrebbe diventare l’ennesimo spunto di divisione nel momento che le Misericordie
ne annoverano già tanti e ne risultano dilaniate anche pubblicamente.
Questa candidatura mi era stata
fatta intravvedere da alcuni confratelli con cui avevo condiviso più di una
decina di anni nel Consiglio Nazionale. Ma più si avvicinava il momento della
scelta più ne avvertivo, con lucida consapevolezza, la delicatezza ma anche l’ineluttabilità.
Oggi, prima della formale
accettazione presso gli uffici, voglio condividere con il popolo dei volontari
dalle colonne di questo blog la mia decisione di accettare la candidatura. Voglio
farlo con tutti voi che, più di ogni altro livello di governo del movimento, mi
avete insegnato la preziosità dell’unità e della compattezza della nostra
azione. Lo faccio sperando di poter interpretare proprio la vostra ansia di
rivedere il nostro volontariato libero dai vincoli e dai compromessi di palazzo
ma bensì proiettato nel confronto quotidiano con le indigenze che il momento
storico sta facendo vivere ai più deboli della nostra società.
Ho fugato, insomma, quella
componente di preoccupazione decidendo di essere solo il candidato che tenta di
ricucire il tessuto, di essere esclusivamente colui che chiede l’appoggio dei
governatori della nostra assemblea se questi sono animati dalla stessa ansia di
ricucire gli strappi e non di rivendicare a maggioranze tracotanti e minoranze
pretestuose il diritto di offendere la
Storia e negare il Vissuto delle Opere che sono il nostro vero ed unico valore.
Ritengo sia opportuno, avendone,
più volte, rivendicata la necessità soprattutto nei quasi cinque anni dell’ultimo
mandato consiliare, che chi si propone venga avanti con dei punti programmatici
precisi che consentano ai governatori di scegliere tra idee concrete e non tra
persone.
Le persone dovranno essere solo
ritenute capaci, in base alle scelte del passato, di portare avanti quello che
si propongono.
Avremmo evitato tanti equivoci se
i presidenti avessero preventivamente segnato con chiarezza la linea lungo la quale avrebbero
voluto condurre la Confederazione.
Annuncio per le prossime
settimane la volontà di elencare i punti cardini di un programma per il futuro
sperando che anche Roberto Trucchi, che saluto fraternamente nella sua veste di
uscente e candidato alternativo, voglia condividere con me questo elemento di
chiarezza delle posizioni.
Ora mi limito a raccogliere una
eredità che mi fa particolarmente felice e faccio mio l’ossimoro lapiriano che aveva
fatto da motto nella precedente competizione al confratello Angelo Passaleva, a
cui mi onoro di essere collegato per gli insegnamenti ricevuti e per l’unità di
intenti: Avanti ma fermi!
“Fermi” nella fedeltà a Cristo e alla
Chiesa, ai valori del dialogo, della pace, dell’incontro tra i popoli. “Avanti”
con il coraggio di rimettersi sempre in discussione, di verificare il lavoro
fatto, di aprirsi anche ai “segni dei tempi”.